In una delle prime prima qualificate trattazioni dei vitigni dell’Italia settentrionale (l’opera Pomona Italiana, redatta fra il 1817 ed il 1839), il Gallesio descrive l’Uvetta di Caneto quale varietà dell’Oltrepò Pavese che ha preso il nome dal “villaggio de Caneto” (l’odierna Canneto Pavese), la descrive inoltre come diffusa anche nel novarese sotto i nomi di Uvetta e di Vespolina. Presenta germogli poco vigorosi, foglie piccole, pentagonali, pentalobate, con seni laterali spesso ampi a bordi sovrapposti e seno peziolare ad U o a lira spesso molto aperto; singolare l’irregolarità della dentatura del bordo. La si descrive come a grappolo medio-piccolo con acino tendenzialmente ellissoidale. Viti poco produttive uve di maturazione media, capaci di produrre mosti di acidità elevata (bassi pH) non molto colorati. Produce vini, anche in uvaggio con altri (come nel Buttafuoco, insieme a Croatina, Barbera ed Uva rara) caratteristici sentori speziati (pepe e pepe verde) (testo e foto Vercesi).