E’ descritto nel 1800 da grandi ampelografi come Molon e Di Rovasenda come vitigno in primis tipico dell’Oltrepò Pavese e poi diffusosi anche in Piemonte con altri nomi. Germogli dal vigore medio-alto, apice tendenzialmente cotonoso con riflessi carminati sui margini delle foglioline, foglie adulte pentagonali e pentalobate, con seno peziolare a lira aperta, seni laterali superiori a fondo tondeggiante, lungo la nervatura principale, spesso una tipica piegatura a doccia. I grappoli sono molto variabili nel peso in relazione al decorso dell’annata, con acini relativamente radi che spesso lasciano intravvedere il rachide verde del grappolo che, inoltre, presenta acini da medi a medio-grandi in funzione dell’annata (piovosità). Produce un mosto di poco colore e spesso scarsa acidità, ma è capace di conferire ai vini che produce in purezza o in miscela con altre uve, sentori speziati e, talvolta floreali che rendono più complessi e ricchi dal punto di vista olfattivo i vini prodotti (testi e foto Vercesi).